GENOVA 30/04/1899 - GENOVA 28/12/1949

Da “Un giorno di allarmi aerei” di A. Napoletano 2002

Ottavio Barbieri ex genoano e nazionale di Pozzo, inventore di quello che da allora per i tecnici calcistici divenne il mezzo sistema. Grande da calciatore, grandissimo da mister attraverso le trame inglesi che Garbutt, allenatore di Genoa, Roma, e Napoli, gli aveva svelato.

Monegliese di nascita, rossoblu nel cuore e nell’anima, era stato nazionale azzurro, uomo simbolo  di un epoca tanto cruenta quanto sensibile al cuore. Quello con lo Spezia sarà un rapporto di amore ed odio concluso con un esonero. Mediano di spinta, aveva vissuto una lunga e particolare avventura azzurra con 21 presenze totali. Nall’aprile del 1927 contro il Portogallo a Torino aveva giocato la sua ultima partita internazionale, da allora il riposo e l’oblio dei commissari. Andava per la trentina e sfilava quella maglia azzurra rientrando nei ranghi a Genova, da vero ligure orgoglioso di sé. Le luci della ribalta le aveva lasciate agli altri, finchè non ci si accorse che i sostituti erano lontani dal poter fornire il suo apporto. Vittorio Pozzo, nell’imminenza di una gara importante contro i tedeschi a Francoforte nel marzo del ’30, lo aveva richiamato.

Barbieri ritiratosi dal calcio frequentò il primo corso di allenatore federale a Roma nella stagione 1932/33 uscendo patentato. Dopo aver allenato l’Aquila e L’Entella di Chiavari, riportò l’Atalanta in Serie A. Nel 1939 divenne vice allenatore del suo Genoa, alle dipendenze proprio di Garbutt, che odorato il vento infido della guerra, riparò temporaneamente in patria. Barbieri assunse la direzione tecnica ed usò proprio il sistema. L’acume tattico però Barbieri lo sviluppò definitivamente con lo Spezia e con i Vigili. Una squadra quella del ’42 in maglia bianca che sfiorò la Serie A ma che giocò un grande calcio. Cos’era di fatto quel sistema ? Lo spiega benissimo Gianni Brera nella sua storia del calcio italiano : “Il modulo e’ una contaminazione tra W e WM, Barbieri lo chiama mezzo sistema… Lui manda il primo terzino sul centravanti e tiene libero , alle sue spalle il secondo. La numerazione è quella tradizionale e non mancherà di portare qualche confusione anche a vittorio Pozzo”. Il “libero”, ed un estremo di destra che rincula quando difende e diventa ala largo quando attacca, creando in pratica anche l’altro termine “tornante” con Paolo Rostagno. Quella dello Spezia ma soprattutto dei pompieri fu una vera e propria rivoluzione: marcature fisse ed impostazione di centrocampo affidata a due mediani e soprattutto mentalità di difesa dal primo all’ultimo minuto. Bani in porta, Persia Wando libero, in pratica il terzino del metodo, mentre Borrini andava sul centravanti, Amenta e Scarpato mediani in copertura che si occupavano delle ali avversarie, con Scarpato che ha compiti di ripartire. Gramaglia centromediano davanti all’area. Tommaseo e Tori esterni di centrocampo con Rostagno all’ala. Tutto costruito per lanciare in contropiede gente potente e scaltra come Angelini e Costa.

Alcune dichiarazioni di Nereo Rocco, che era stato militare alla Spezia e con il Padova aveva affrontato gli aquilotti così racconta quella squadra : “ I Vigili non facevano complimenti, difesa con sei terzini a rompere ed uno , Persia più indietro a spazzare. Una squadra che marcava stretto alle gambe”.

Il mezzo sistema nacque lì anche se ancora oggi si parla di Villini, allenatore della Triestina che nel ’42 abbozzo tutto. Di fatto i due arrivarono alla stessa conclusione : il libero, ma nel caso del genovese per difendere, mentre Villini era stato più attaccante. Dopo, ma solo dopo, Rocco ed il Vianema, proposero cose simili.

Ma perché mezzo sistema ? Barbieri lo considerò fino alla fine una deformazione del sistema. Viani lo interpreto’ al meglio giocando a carte scoperte, con il numero 9 Piccinini che al fischio iniziale arretrava fino a marcare il centravanti avversario. Comunque sia andata , lo schema di gioco , soprattutto in Svizzera nel dopoguerra, ebbe molto sviluppo.

Dopo la liberazione Barbieri rimase tecnico dello Spezia prima di andare al Fanfulla, al Seregno ed alla Lucchese dove la malattia e la morte interruppero il suo lavoro. Una sorte amara per lui, che tanto aveva dato ritrovandosi all’opera in B mentre altri in A rincorreva meteore. Era e si dimostrò fino alla fine uomo di natura rigida e taciturna, attaccato alla famiglia ed onesto fino allo scrupolo. I funerali raccolsero a Genova tutta la città. Le stesse esequie passarono tra gli applausi nel mezzo della città e vennero curate dall’ex portiere della nazionale De Prà. Passando sotto la sede della Sampdoria, dalle finestre arrivarono fiori.

Il PRIMO MAGO DELLA PANCHINA

Da “Lo scudetto per sempre” F.Calzia - P.Rabajoli

Fu uno degli artefici degli ultimi due scudetti conquistati dal Genoa negli anni Venti ed insieme ai suoi compagni vide sfumare il sogno del decimo titolo, quello della stella d’oro a causa di una colossale ingiustizia sportiva perpetrata dal Bologna, allora alleata del regime, ai danni dei rossoblù liguri.

La linea mediana di quel Genoa, imbattuto nel campionato 1922/23 ed ancora campione l’anno successivo, prevedeva Barbieri, Burlando, Leale, un trio che avrebbe fatto epoca. Barbieri era solito macinare chilometri sulla fascia destra. “Si giocava con il metodo” ricorda Giorgio Barbieri, figlio del campione “ e le marcature avvenivano a zona; il ruolo ricoperto da mio padre richiedeva intelligenza tattica ed attenzione, per scalare all’occorrenza di posizione in pfase difensiva e rilanciare la manovra d’attacco”. Da ricordare la marcatura su “Mumo” Orsi, funambolo oriundo che nel 1930 a Marassi con la maglia della Juventus, non vide palla per tutti i novanta minuti.

Barbieri collezionerà 21 presenze con la maglia azzurra della nazionale, esordendo con il Belgio ad Anversa il 05 maggio 1921 : nel centenario della morte di Napoleone gli azzurri non replicarono Waterloo imponendosi per 3-2, con reti di Migliavacca, Forlivesi, e Ferraris a ribaltare lo 0-2 iniziale; in seguito fu titolare inamovibile alle olimpiadi di Parigi nel 1924. Indossò per l’ultima volta la maglia della nazionale il 2 marzo 1930 a Francoforte contro la Germania, convocato da Vittorio Pozzo a dispetto dei suoi 31 anni. Con la maglia rossoblù del Genoa, Barbieri arrivò ad ultimare il torneo 1931/32, appendendo le scarpe al chiodo a 33 anni solo per via di un infortunio. Nello stesso anno si iscrisse al corso di allenatori a Roma, vestendo in contemporanea la maglia della Sampierdarenese con il duplice ruolo di allenatore e giocatore. Nell’anno successivo ecco la prima impresa, alla guida dell’Aquila, si classificò al primo posto nel girone di prima divisione per arrivare a disputare la finale promozione allo stadio Carlini di Genova contro l’Andrea Doria. Nel 1934/35 e nel 1935/36 eccolo nella doppia veste di allenatore (rispettivamente di Rapallo Ruentes ed Entella) e di osservatore (per il Genoa di Garbutt). Quindi il grande salto , stagione 1936/37, Ottavio Barbieri siede sulla panchina dell’Atalanta; con i nerazzurri orobici conquisterà il primo posto e la promozione in serie A; dopo una stagione in massima serie con l’Atalanta, Ottavio Barbieri ritorna al Genoa, questa volta in veste di co-allenatore di William Garbutt famoso per avere introdotto il “sistema” in Italia. Quel Genoa dalla tattica rivoluzionaria faceva sfracello e sarebbe forse riuscito a conquistare, nella stagione 1939/40, l’agognato decimo scudetto, non fosse stato per l’infortunio gravissimo occorso al centromediano Battistoni, autentico pilastro della difesa. “Proprio in quell’anno però, mio padre commise forse il suo più grosso sbaglio” ricorda Giorgio Barbieri “ Fu chiamato da Vittorio Pozzo quale suo vice in nazionale e lui lo convinse a schierare gli azzurri secondo i dettami del sistema: a Berlino in amichevole contro la Germania, finì 5-2 per i tedeschi, con conseguente accantonamento del nuovo sistema tattico e di mio padre”. In realtà Barbieri fu tradito nell’occasione dalla sfortuna e dal particolare momento, insieme a Pozzo aveva provveduto a tutelarsi, schierando ben sette genoani ben assuefatti al sistema, quella Germania, tuttavia “doveva “ vincere, nel segno dei tanti campioni austriaci “annessi” nonché suggellare la recente vittoria in Polonia, conquistata su un terreno assai più minato rispetto ad un innocente campo di calcio.

Ed ecco Spezia, il mezzo sistema, “ Devo confessare una cosa” rivela Giorgio Barbieri “mio padre inventò quel nuovo modulo di giogo anche in considerazione dei problemi fisici in seno alla squadra, eravamo in tempo di guerra, l’alimentazione era quella che era, perciò occorreva risparmiare le forze, meglio una squadra protetta in difesa, con il robusto Scarpato in funzione di stantuffo e registra arretrato, quindi una linea d’attacco attrezzata per il contropiede”. Il famoso gioco di rimessa, che Gianni Brera considerò, ma solo anni più tardi, come particolarmente adatta alle squadre italiane, fisicamente inferiori a certe avversarie anglosassoni; non fu pertanto un caso se l’invenzione di Ottavio Barbieri fece scuola fornendo, consapevolmente o no, le basi per un modulo tattico che tanti successi avrebbe portato al calcio di casa nostra.

Da “Campioni del Mondo, quarant’anni di storia del calcio “ di Vittorio Pozzo

Il Genoa era stato, in quei tempi, la prima squadra italiana ad introdurre il “sistema” in campionato. Era stato Ottavio Barbieri, vecchio genoano e nazionale di antico stampo a volerlo. L’esperimento gli doveva poi, più tardi nella stagione, costare il posto. Era convinto delle sue idee, il povero Barbieri, che doveva poi morire qualche anno dopo, e fece da precursore, nel calcio nostro, fra la ostilità generale. I giuocatori seguivano con fede il loro allenatore. Erano ormai abituati al nuovo tipo di giuoco e non potevo io di colpo, come una bacchetta magica, svezzarli, farli tornarre indietro e ricondurli sulla vecchia via. Sarebbe stato un non senso ed avrebbe provocato una grande confusione, senza vantaggio alcuno. Di genoani ne avevo sette in squadra ed occupavano tutti i punti chiave della formazione. Non c’era che da lasciarli andare avanti come erano abituati. E così feci.

IL MAESTRO DELLA DIFESA

Da “La grande Storia del calcio Italiano” di Carlo F. Chiesa

Allo Spezia vincitore del campionato di guerra si deve la novità tattica del “Mezzo Sistema”, ovviamente ancora in incognito, visto che il nome verrà coniato nel dopoguerra. Qui va ricordato che Barbieri ha giocato il Metodo ai massimi livelli nell’ultimo Genoa d’oro e in Nazionale e poi ha collaborato con Garbutt quando il tecnico inglese fu il pioniere del Sistema in Italia alla guida del Genoa. Nel torneo di guerra persegue il massimo utilitarismo difensivo attingendo a entrambi i moduli : schiera i tre difensori del Sistema, ma protetti con una sorta di libero, il “terzino di posizione” (nome mutuato dal Metodo) Wando, il maggiore dei fratelli Persia, che un giorno Nereo Rocco ricorderà come il primo libero del calcio italiano moderno.

Dunque, Bani in porta, il terzino Persia I a spazzare l’area, Amenta, Borrini e Gramaglia marcatori puri; a centrocampo, il mediano di propulsione Scarpato, l’interno Tommaseo a contrare la mezzapunta avversaria più pericolosa (Mazzola nell’epico scontro per il titolo con il Torino) e il regista Tori vertice avanzato; in attacco, l’ala arretrata Rostagno in appoggio ad Angelini e Costa.

Barbieri podista

vincitore del giro di Genova

Barbieri nel 1923
Nel 1923 in Argentina con il Genoa
una caricatura del 1929
Nel 1936
nel 1949 con la Lucchese
Barbieri allenatore
I vigili del fuoco 1944